martedì 19 febbraio 2008

Corsi e ricorsi ... di recupero

Si parte con la prima fase dei corsi di recupero. Tutti coloro che hanno avuto delle insufficienza sulla pagella dovranno frequentarli. A meno che le famiglie non se la vogliano sbrigare da sole.
Non proprio tutti quelli che hanno avuto delle insufficienze,a dire il vero, se no andrebbe via una parte del famoso tesoretto, ammesso che ci sia. Solo quelli che hanno delle insufficienze gravi, semmai.
Ma per tutte le materie si terranno corsi di recupero? Mah, improbabile! Stesso discorso di prima.
Allora? Bisogna fare delle scelte. Le materie più importanti? Forse, resta però il fatto che bisogna spiegarglielo a quelli di disegno o di musica, magari alla fine dell'anno, quando anche il loro tre bloccherà la promozione dell'alunno genio di matematica o raffinato cultore della lingua italiana.
Ma a ben guardare, c'è una domanda ancora più importante: serviranno a qualcosa?
A costare costano e non poco, ma saranno almeno soldi ben spesi?
In taluni casi sì e in altri no.
Intanto, bisogna considerare l'alunno. Ha voglia di recuperare? Costa fatica e di questi tempi ...! Poi bisogna guardare alla natura del ritardo accumulato e, infine, al soggetto che ne dovrà curare il recupero.
I corsi, in effetti, potrebbero anche essere dei ri-corsi. Riproporre, cioè, in orario pomeridiano le stesse pratiche antimeridiane. Docente in cattedra, alunno col cellulare sotto il banco, assenze e ritardi, andate in bagno e caffè lunghi, molto lunghi, quasi all'americana. Il tutto al modico prezzo di decine e decine di migliaia di euro.
Ma cosa servirebbe per far funzionare i corsi? Buoni studenti e bravi docenti, uniti da un patto chiaro che ne definisce in modo inequivocabile gli impegni reciproci.
Forse è banale, ma meno di quanto sembra. Ad esempio, il fatto che possa realizzarsi il recupero solo con dei bravi studenti, non è certo il principio alla base della normativa ministeriale, mossa piuttosto dall'idea che tutti possono raggiungere almeno i risultati essenziali. Certo, non viene disconosciuta l'importanza della motivazione, ma si pensa che, se essa non c'è, la scuola sia sempre in grado di farla nascere. L'esperienza ci dice che non è così, ma, d'altro canto, ci dice anche che c'è un numero rilevante di docenti che di questo problema non ha la benché minima consapevolezza o, comunque, se ne frega e continua a credere che il proprio ruolo consista nel ripetere la propria lezioncina, lamentando poi il generale disinteresse della classe.
E' qui che si collocano i ri-corsi e che il pessimismo s'impone.
Peccato! Potrebbe, invece, essere un'ottima occasione per provare o affinare nuove metodologie, per costruire una comunicazione più efficace, per avviare davvero un percorso di recupero dell'essere scuola.

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